La mia collezione di francobolli delle Isole Faroer

Storia

 

Fin dal 1317 la Repubblica di Venezia, gestiva una linea di navigazione annuale che congiungeva Venezia a Bruges. La rotta era molto disturbata dalle tempeste atlantiche, molto più impetuose di quelle mediterranee. Il veneziano Piero Querini nel maggio 1431, mentre era diretto appunto in Fiandra, colto da una serie di tremende burrasche fu trascinato al nord dell’Irlanda e della Scozia e di lì verso le coste settentrionali della Norvegia, naufragando infine sullo scoglio disabitato di Sando. Soccorso dopo dieci giorni da pescatori locali, i naufraghi poterono raggiungere Trondheim e quindi iniziare il lungo ritorno in patria.

Qualcosa di analogo era accaduto, una cinquantina d’anni prima, al veneziano Niccolò Zen. Partito da Venezia per la Fiandra nella primavera del 1383, al largo della Manica una tempesta di particolare violenza lo trascinò al Nord, facendolo naufragare su una delle isole dell’arcipelago delle Faroer. I naufraghi furono soccorsi dal barone di Roslin, Henry Sinclair, vassallo del regno di Norvegia e feudatario delle isole Orkney (sulla punta settentrionale della Scozia).

Il Sinclair stava allora combattendo per assoggettare appunto le Faroer, e trovava difficoltà nella navigazione tra le isole, per la presenza di secche, di scogli, di stretti passaggi; l’abilità marinara dei Veneziani, che lo Zen mise subito a disposizione del suo salvatore, ebbe modo di sfoggiare la sua superiore esperienza e capacità tecnica. Il principe gratificò perciò di molti onori Niccolò Zen, che scrisse al fratello Antonio invitandolo a raggiungerlo in quelle lontane isole. Nominato capo della flotta, Niccolò partecipò ad un’altra guerra, volta a sottomettere, in nome del re norvegese, l’arcipelago delle Shetland. Successivamente, desideroso di scoprire nuove terre, nel luglio 1387 Niccolò si avventurò con tre navigli pervenendo alla costa meridionale islandese, presso l’attuale Capo Portand (un porto che d’estate era pieno di navigli, ma d’inverno era bloccato dei ghiacci); e poté visitare un convento domenicano - che è segnato nelle carte più antiche - dove si usufruiva per il riscaldamento delle sorgenti calde sulfuree (ancor oggi l’Islanda è ricca di fenomeni di vulcanesimo secondario). Le importanti notizie che lo Zen trasmette sull’antica popolazione islandese, sull’economia e sulle tipiche case rotonde dell’isola sono le prime che di quel lontano paese giungano all’Europa centro-meridionale: e sono pertanto straordinarie. Nell’autunno di quello stesso anno Niccolò rientrò in patria.

Alle Faroer Antonio Zen era subentrato nelle cariche di Niccolò ; quando nel 1397 un pescatore, rientrato dopo ben ventisei anni di assenza, fece un racconto sorprendente, mostrando cose ed oggetti a riprova di quel che diceva, e tutti i marinai del luogo confermavano la veridicità del racconto.

Egli diceva di essere stato sospinto, con i suoi compagni, da una tempesta verso Occidente e di essere naufragato in una isola Estotiland - in cui è ravvisabile la Nuova Scozia - e di essere stato condotto da quegli abitanti in una città popolosa.


        "Quelli che l’abitano sono ingegnosi, et hanno tutte le arti come noi, e credesi che in altri tempi avessero commercio con i nostri : perchè dice di aver veduti libri latini nella libreria del re, che non vengono ora da loro intesi. Hanno lingua e lettere separate (cioè il suono non corrisponde alla lettera dell’alfabeto) ; e cavano metalli d’ogni sorte, e soprattutto abbondano di oro; e le lor pratiche (= commerci) sono in Engroveland, di dove traggono pellicce e zolfo e pegola ; e verso Ostro (= Sud) narra che v’è un gran paese molto ricco d’oro e popolato. Seminano grano e fanno la cervosa (= birra), che è una sorte di bevanda che usano i popoli settentrionali, come noi il vino. Hanno boschi d’immensa grandezza, e fabbricano a muraglia (....) Fanno navigli e navigano : ma non hanno la calamita, né intendono sul bossolo (= bussola) la Tramontana (= Nord)".


Pare, secondo l'evidenza, si debba escludere si tratti di nativi amerindi, ed è ben riconoscibile un insediamento vichingo (la birra; hanno navi ma non conoscono la bussola, ecc.), che aveva ormai perduto il contatto col paese d’origine. I libri, cui si fa cenno, dovevano essere una Bibbia ed opere di liturgia: morto il prete, che aveva qualche nozione di latino, erano ormai incompresi. Ed è cosa nota che nel secolo XII il vescovo Erik dalla Groenlandia si recò nel vichingo Vinland (cioè appunto proprio la Nuova Scozia).

Il pescatore proseguiva il racconto dicendo che egli e i suoi compagni furono inviati poi da quel re nel paese Drogir posto a Sud (è la parte nord-occidentale dell’attuale Massachussetts) ma, naufragati, furono presi da popolazioni feroci che li uccisero per cibarsene. Egli con alcuni altri riuscì a sfuggire a quella crudele fine insegnando loro l’uso delle reti; e fu per ciò conteso da varie tribù, passando dall’una all’altra.

•"E dice il paese essere grandissimo, e quasi un nuovo mondo, ma gente rozza e priva d’ogni bene, perché vanno nudi, tutto che patiscano freddi crudeli, né sanno coprirsi delle pelli degli animali che prendono in caccia. Non hanno metallo di sorte alcuna, vivono di cacciagione e portano lancie di legno nella punta aguzze et archi, le corde de’ quali sono di pelli di animali. Sono popoli di gran ferocità, combattono insieme mortalmente e si mangiano l’un l’altro; hanno superiori ( = capi) e certe leggi molto differenti tra di loro.

•Ma più che si va verso Garbino ( = Sud-Est) vi si trova più civiltà, per l’aere temperato che v’è: di maniera che ci sono città, tempii agli idoli - e vi sacrificano gli uomini, e se li mangiano poi - avendo in questa parte qualche intelligenza e uso dell’oro e dell’argento".

Il pescatore concludeva raccontando come dopo molti anni fosse riuscito a fuggire, arrivando nel Drogio (Massachussetts del Nord) e di qui rientrato a Estotiland (Nuova Scozia), ed infine alle natie Faroer.

Colpito da questo racconto, il barone di Roslin armò una spedizione di cui si mise a capo, ma che affidò al più esperto Antonio Zen. La navi, sbalestrate dall’ennesima tempesta, uscirono di rotta e giunsero in vista di un’ìsola Icaria (in cui è ravvisabile Terranova) : ma per l’ostilità degli abitanti non riuscirono a sbarcarvi, e dovettero limitarsi a costeggiarla parzialmente : dalla White Bay doppiando il Capo Saint- John fino al Capo Farvel.

Il veneziano Antonio Zen non riuscì dunque a porre piede nell’isola in cui - giusto cent’anni dopo - sbarcò il veneziano Giovanni Caboto.

Ripreso l’alto mare, la flotta fu sospinta dal vento e dalle correnti verso Nord giungendo nella punta meridionale della Groenlandia (l’attuale Capo Farvel) che i naviganti battezzarono Promontorio della Trinità. Era il 2 giugno 1398. Qui trovarono una popolazione eschimese, mezzo selvatica, di piccola statura e molto paurosa. Il luogo si presentava accogliente e con clima temperato; il barone di Roslin incaricò Antonio Zen di ricondurre alle Faroer quei marinai che insistevano di ritornare, mentre egli si fermò per esplorare quelle coste e colonizzare. Stabilito un insediamento nel porto d’arrivo, seppe disegnare una carta della Groenlandia che nella parte meridionale rivela una precisione che rimarrà ineguagliata per un paio di secoli (se non più), con toponimi alcuni dei quali ancor oggi riconoscibili.

Ritornato infine anch’egli, morì pochissimo dopo (1402) combattendo contro una flotta di invasori delle sue Orkney. A sua volta Antonio morì mentre si accingeva al ritorno in Venezia.

L’insediamento europeo in Groenlandia - che non era il primo, se nell’Archivio Vaticano vi sono notizie e lettere del vescovado di Gardar, appunto in quell’isola - durò per vari decenni ; e poi, perso ogni contatto con la madre patria, finì per vanificarsi, come i precedenti insediamenti ed anche le colonie vichinghe in America. Nel nostro caso, dovette essere causato anche da un forte mutamento climatico, dovuto probabilmente a deviazione di una ramificazione della calda corrente del Golfo, se quel paese che era stato chiamato Gronland ("terra verde", come la trovò ancora il Sinclair) divenne, com’è oggi, freddissima ; e l'Iceland ("terra di ghiaccio"), al contrario, temperata. Risulta infine che nei primi decenni del secolo XV tribù eschimesi guerriere scesero dal Nord, soppiantando la primitiva popolazione e contribuendo ad eliminare i coloni e ogni loro notizia.

Quella di Antonio Zen e Henry Sinclair fu dunque una "scoperta perduta" : come quella dei Vichinghi, di cui rimase peraltro traccia nelle saghe poetiche. La Serenissima era troppo preoccupata nel vedersi via via venir meno il monopolio del commercio delle spezie, per interessarsi di quei lontani mari che offrivano solo ricchezze ittiche ; né le navi veneziane erano adatte a viaggi transoceanici. Gli Zen, come i Polo e come in genere i viaggiatori veneziani di tradizione mercantesca, erano interessati a mantenere quelle nozioni in famiglia.

Dei viaggi di Niccolò e Antonio Zen rimase ricordo solo in alcune loro lettere conservate nell’archivio di famiglia, e rielaborate e rese note nel Cinquecento da un loro discendente, quando ormai quelle scoperte erano superate : e però lo storico non può non rilevare la straordinaria importanza delle notizie sull’Islanda e la Groenlandia alla fine del sec. XIV, e del racconto del pescatore dove v’è la prima notizia dell’America e delle sue popolazioni. Del resto, se Marco Polo - anziché esser fatto prigioniero dai Genovesi nello scontro alle Curzolari ed essere costretto a lunghi  lunghi giorni di carcere, ove dettò il Milione a Rustichello da Pisa - fosse rimasto ucciso, nulla sapremmo dei viaggi dei mercanti Polo, i cui risultati tanta forza di persuasione esercitarono nella ricerca dei paesi delle spezie; come poco si sa persino del primo viaggio di Giovanni Caboto.

Le informazioni sono state tratte da “Gli Ulissidi dell’Atlantico” del prof. Giorgio Padoan (Quaderni Veneti - Ravenna - 1998)

Home

Italian version

Storia